martedì 21 aprile 2015

Tre grandi misteri di Quentin Tarantino



Un regista grandioso, il più influente degli ultimi anni, fantasioso, estremo, creatore meraviglioso di dialoghi, ovviamente con i suoi grandi misteri. 



Cosa mi combini Bud?


Il primo mistero riguarda il film Kill Bill, che considero da sempre un unico film, almeno dal punto di vista narrativo. 
Il mistero è l’atteggiamento di Bud nei confronti del suo datore di lavoro Larry. Proprio non si può capire. 
Bud è un assassino spietato, un killer, abile ed esperto almeno quanto gli altri elementi della squadra Vipere mortali di cui fa parte. Per motivi sconosciuti la squadra s’è sciolta e ogni membro s’è fatto una vita propria. Bud è finito a vivere come un disperato in una roulotte scassata in mezzo al deserto. Prima lavorava in un autolavaggio, dove gli permettevano di arrivare in ritardo e ora lavora come buttafuori nello streap bar di Larry. Già queste sono cose strane. Il motivo per cui uno che giri per il mondo ammazzando persone e guadagnando grosse somme di denaro vada a finire in una roulotte schifosa non è molto chiaro, tuttavia si può accettare, la vita è strana. Ma come possa, un uomo del genere, sopportare certi insulti e maltrattamenti da un pappone qualsiasi, no, non si accetta. Bud, nonostante il physique du role non ci sia per niente e non ci sono elementi espliciti che lo facciano capire, deve essere un maestro di arti marziali, deve aver portato su e giù i secchi sulle gradinate del tempio di Pai Mei, sfondato tavole di legno a cazzotti e mangiato riso scotto e scondito. Deve saper maneggiare la spada di Hattori Hanzo che a differenza di quanto afferma s’è guardato bene dall’impegnare. Forse prima era più atletico, chissà, ora è un panzone, ma dovrebbe pur sempre essere una macchina da guerra, uno che è meglio non far incazzare, le tette di Beatrix, grandi e belle, ne sanno qualcosa. E invece? Accetta le angherie del datore di lavoro, si toglie quel cazzo di cappello, pulisce cessi pieni di acqua e merda da tutte le parti, subisce tutto abbassando la testa come uno scolaro con la coda di paglia. Com’è possibile? Cosa c’è dietro? Non lo so, non ho nemmeno un ipotesi che stia in piedi. Insomma, Bud mi pare proprio uno che se riceve un favore questo non significa che dev’essere trattato di merda, altrimenti può infilarselo nel culo il suo favore. I maltrattamenti di Larry mi sembrano ben superiori a qualcuno che ti abbaia addosso gli ordini. Ma niente, Bud subisce tutto in silenzio.


Il carnevale di Quentin


Il secondo mistero riguarda il film Django, e riguarda proprio la piccola interpretazione di Tarantino nella parte finale della storia. Jamie Foxx viene scortato da tre pistoleri disgraziati verso la miniera nella quale dovrà passare il resto della sua breve schifosissima vita a spaccare pietre. Uno dei tre pistoleri è Tarantino. Già da qualche anno il nostro Quentin non è più il ragazzo simpatico e spudorato, alto e magrolino, Jimmy insomma, che compera roba costosa, non cagate come Bonnie, bensì è pian piano diventato sempre più simile al Richie trasformato in vampiro al Titty Twister. Bolso, goffo, con una testa piuttosto grossa, diciamo che gli è successo esattamente quello che succede al vino. E cosa c’è di male? Assolutamente niente, tutti invecchiamo, cosa ce ne frega. 
Il pistolero interpretato da Tarantino quindi è un omone barcollante che ricorda lo Zio Zeb ma senza le frange. Il mistero sta proprio qui: come cazzo dobbiamo prendere questa interpretazione? 
Partiamo dall’abbigliamento. In seconda elementare, mi ricordo benissimo, per carnevale mi sono travestito da cow-boy: cinturone di cartone con fondina e cartucciera con tanto di proiettili di metallo, pistola a petardi, gilet di pelle, camicia a quadri, cappello di cartone ricoperto di stoffa. Mi ricordo perfino che raggiunta la piazza del paese al seguito della fila di carri colorati salutai mia zia che era sul balcone di casa sua, con una bella raffica di pistolettate. Ecco, come cow-boy ero molto più bello e credibile io che Tarantino in Django. Com’è vestito? Chi gli ha procurato quella roba che ha addosso? Stiamo parlando di un regista che ha fatto della cura maniacale nei dettagli uno degli elementi del suo successo. Questa cura è visibile in tutti i fotogrammi di tutta la sua filmografia. Questo pistolero invece non si può proprio guardare. Vestiti nuovi, rigidi, lindi, privi di qualsiasi caratterizzazione, faccia fissa, sguardo perso, come se aspettasse l’imbecco per la battuta. Infatti non c’è solo la faccenda dell’abbigliamento, anche la recitazione è così così. Nessuna battuta, poca dinamicità, poca presenza. Insomma, di solito le sua piccole apparizioni lasciano il segno, sono piccole perle. Conoscendo la sua attenzione potrebbe essere perfino una cosa voluta. Per qualche ragione ha voluto dare questo taglio scandente al personaggio, rendendolo quasi una patacca, un pagliaccio. L’abbigliamento è particolare in tutto il film. A parte rare eccezioni siamo di fronte a una sfilata di capi perfetti e sgargianti anche quando non dovrebbero esserlo. Perfino le coperte schifose e puzzolenti che si tolgono dalle spalle gli schiavi sono sgargianti. Siamo lontani chilometri dalla polvere di Sergio Leone. È una scelta, che s’abbina alla fotografia, portata avanti per tutta la pellicola, ma il pistolero va oltre questa scelta. Per me resta indecifrabile. L’umanità di Jimmy, con la sua vestaglia e quel sorriso, o la freschezza di Mr Brown, o il barzellettiere desperado. Qui abbiamo di fronte un pupazzo interdetto, che non so proprio come prendere.


Dove cazzo va Marsellus?


Il terzo mistero è presente nel grande film capolavoro: Pulp Fiction
Butch se ne sta tornando tutto contento al motel per recuperare Fabien, la sua odiosetta compagna. Ne ha combinate di tutti i colori, una cazzata dietro l’altra, e ancora ne deve combinare. E chi ti incontra al semaforo? Marsellus Wallace. E qui il grande mistero è proprio quello riassunto nel titoletto qui sopra. Dove cazzo va Marsellus? Cosa ci fa a piedi in giro per il paese? Con in mano roba da mangiare, probabilmente una torta e due bicchieri di caffè? 
Allora, Marsellus è miliardario. Vive in una villa enorme a Hollywood con piscina e un impianto di video sicurezza che non hanno nemmeno le banche di Zurigo. È un boss della malavita di Los Angeles, proprietario di locali notturni, controlla giri di droga, combina incontri di pugilato, ha uomini in tutto il mondo, perfino in Indocina. Cosa cazzo ci fa a piedi per strada a un semaforo pedonale uno così? Con in mano una torta e due bicchieri di caffè?
È vero, stiamo parlando di un film iperbolico, iperrealistico, l’eccesso è parte fondamentale della storia e del modo in cui viene raccontata, ma questo non è un eccesso, non è una siringa dritta nel cuore attraverso lo sterno, è più una assurdità al ribasso, un iperbole al contrario, e non un eufemismo, attenzione, ma una forzatura alla banalità, assente nel resto del film. 
Perchè mai Marcellus dovrebbe andare a comperare da mangiare da solo, a piedi, tra l’altro in un quartiere periferico e squallido che non è di certo il suo. Qui ci vive gente qualunque, a pochi metri da dove viene investito c’è un negozio di roba usata. Insomma, sapete chi è Marsellus Wallace? Se questa muore io divento concime per le piante. 
Questo terzo mistero è il più grande. È un mistero completamente narrativo e interno alla storia, come il primo,  che potrebbe però essere risolto da fuori. Tarantino non sapeva come fare per far incontrare Marsellus e Butch dopo il tradimento di quest’ultimo all’incontro combinato, e ha pensato di fare così. Semplice. Peccato che non è da lui, assolutamente. Crea incastri pazzeschi per tutto il film, la solita attenzione maniacale per i dettagli, la perfezione d’insieme, non può aver fatto uno scivolone del genere. Perciò non può essere considerato uno scivolone. Resta allora il mistero, irrisolvibile, di cove cazzo va Marsellus. 

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